lunedì 17 marzo 2008

Mezzogiorno: il nuovo paradiso fiscale

Su Il Giornale di stamattina l'intervento di Egidio Sterpa sulla "trascurata questione meridionale" apre scenari inquietanti, apocalittici. Punta il dito sui temi di cui si parla solo in campagna elettorale, per essere poi chiusi nel cassetto del dimenticatoio, prima di riassumere in due cartelle di testo 150 anni di storia scritta dai Savoia e dai politici di un'Italia unificata proprio sulla "questione meridionale".
La Cassa del mezzogiono è stato il modo con cui lo stato italiano ha voluto ricompensare il sud dei latrocini e dello squilibrio di cui è stata colpevole l'unificazione. Ma è stata l'occasione solo per creare nuove cattedrali nel deserto: agevolazioni fiscali per imprenditori senza scupoli che carpivano gli investimenti e dichiaravano bancarotta, grandi infrastrutture ce non portano da nessuna parte o assunzioni di disoccupati che percepiscono uno stipendio senza lavorare e poi finiscono in cassa integrazione. Si chiama Italia unita e assistenzialismo per lavare ils enso di colpa.
Oltre agli sprechi, l'unico risultato è stata la formazione di una classe politica opportunista anche locale: dove amngiano in 100 c'è posto anche per qualcuno in più a tanto vale approfittarne.
Qualcuno a un certo punto ha detto basta, ma è durato poco.
Durante la campagna elettorale spuntano come funghi le proposte per trasfromare l'Italia e il meridione in una meravigliosa terra promessa. E l'Istituto liberale Bruno Leoni (che promuove una discussione pubblica più consapevole ed informata sui temi dell’ambiente, della concorrenza, dell’energia, delle liberalizzazioni, della fiscalità, delle privatizzazioni e della riforma dello Stato sociale non si capisce bene in nome di quale autoritas) pubblicizza, con il beneplacido de Il Giornale, la trasformazione del mezzogiorno in una grande no tax area. L'articolo 3 del manuale di riforme per la XVI legislatura suggerisce che Bisogna sostituire gli aiuti a pioggia con esenzioni fiscali per attrarre investimenti. In primo luogo, si tratta quindi di azzerare le imposte sul reddito delle imprese che investono al Sud. Flat tax del 10 per cento per gli stranieri che decidono di porre la loro residenza in una regione meridionale.
Nel nuovo paradiso fiscale saranno bene accolti tutti gli evasori fiscali italiani e stranieri che vorranno investire i loro sporchi risparmi nello sviluppo del sud.
Altro che Lichtenstein! Ma quale Svizzera, Lussemburgo, Città del Vaticano o le isole Cayman.
La terra promessa per gli aspiranti evasori avrà come nuova capitale il sud Italia...
E che zio ce la mandi buona!

1 commento:

Mariagiovanna Ferrante ha detto...

LA QUESTIONE MERIDIONALE
Nel 1860 Garibaldi parte da Quardo con un manipolo di volontari per "liberare" il regno delle Due Sicilie dalla tirannia Borbonica. Ma poi regala la sua conquista al non meno tirannico Vittorio Emanuele II di Savoia.
Ma poi quale tirannia e liberazione? I meriti dei Savoia e le colpe dei Borboni, i vantaggi di uno stato unitario e gli svantaggi dell'arretratezza di un regno autonomo sono costruzioni commissionate da uno stato senza storia che doveva farsi pubblicità in Europa. E conquistarsi l'affetto dei nuovi cittadini a cui aveva cambiato nazionalità domandando il permesso in modo poco democratico. L'annessione di un regno è avvenuta attraverso un plebiscito di dubbio valore: il 21 ottobre 1860 è stato chiesto ai cittadini se desideravano trasformarsi da padroni in servi, da liberi cittadini in sudditi e soltanto in pochi hanno risposto al richiamo delle urne. Nella pagina che wikipedia dedica al Regno delle due Sicilie si legge che "si ebbero seggi presieduti da bersaglieri, carabinieri e garibaldini o, come nel seggio della Vicaria e Pendino, anche da esponenti della camorra invitavano gli elettori a votare per l'annessione. Nel resto delle province andò peggio, con intimidazioni e manifestazioni gattopardesche da parte dei nobili, schierati in gran parte con i Savoja. La reale finalità del plebiscito era quella di dare, agli occhi del mondo e della storia, una parvenza di democraticità a quella che, in realtà, era stata una conquista militare di uno stato sovrano. Inoltre si voleva escludere qualsiasi ipotesi di mantenimento di uno Stato meridionale autonomo o confederato, tanto in una paventata forma repubblicana".
Nel 1876 si è cominciato a parlare di "questione meridionale":