venerdì 20 novembre 2009

Emergenze a orologeria...Grillo a Napoli parla della "monnezza"

Intervento un pò datata, ma per fortuna che c'è youtube a ricordarci che a "orologeria" in Italia non c'è soltanto la magistratura (come accusa qualcuno) ma anche gli interventi salvifici effettuato ad hoc per nascondere quella stessa monnezza sotto un tappeto di rose.

giovedì 19 novembre 2009

Made in sud

Fumus persecutionis

Fumus persecutionis. Giustizia a orologeria. Nicola Cosentino, sottosegretario all'Economia, coordinatore del Pdl in Campania e favorito candidato alle prossime elezioni regionali nelle liste del centro destra si aggrappa all'immunità parlamentare e accusa le toghe rosse della procura napoletana (leggi l'articolo su Il Giornale). "In quindici anni non lo hanno mai voluto sentire, credono alle accuse di quattro malviventi piuttosto che all'impegno politico di un uomo onesto". Si aggrappa all'immunità parlamentare (la prossima settimana dovrebbe esprimersi la consulta della camera, a cui il pm di napoli ha mandato la richiesta di custodia cautelare inc arcere per l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa) e rilancia l'accusa a Bassolino. Anche lui pluriindagato sulla questione monnezza. Infondo in Campania tutti quelli che passano per la politica hanno le mani sporche. Bisogna ungere parecchie tasche per farsi strada. Un pò di farina dell'impasto rimane appiccicata... Suvvia, non siamo troppo permalosi!

domenica 15 novembre 2009

Fenestrelle, lapide ai valorosi soldati borbonici

Una lapide per ricordare gli 8mila soldati el Regno delle de Sicilie che non hanno rinnegato il loro re e un paese defraudato, conquistato e asservito. L'hanno innalzata a Fenestrelle (TO), un lager dove si sono consumati i crimini di guerra di cui si sono macchiati i Savoia sporcandosi con il sangue di quello che definivano il loro popolo...
Quella stessa lapide, oggi, l'hanno anche spostata, nascosta in un posto dove è difficile scoprire certe scomode realtà. Alla vigilia di un nuovo anniversario, meglio non raccontare troppo in giro a che prezzo è stata pagata quell'unità che nessuno voleva

martedì 10 novembre 2009

Un permesso speciale per assicurare la giustizia

La giustizia in Italia non è affatto uguale per tutti. A Roma, in questi minuti, qualcuno si sta incontrando per realizzare il grande inciucio, l'ennesimo della storia italiana. Stavolta si tratta di abbreviare la durata della prescrizione per i reati meno gravi. Dove, poi, la gravità del reato è interpretata in modo davvero soggettivo (leggi l'articolo).
Poi c'è Napoli. E la procura napoletana che combatte contro tutti e tutto, con le poche risorse che ha a disposizione ma con la ammirabile professionalità di uomini e donne che come obiettivo si sono prefissi il rispetto della legge. Quella che dovrebbe essere uguale per tutti.
Loro che rispettano le regole, allora, l'hanno fatto anche oggi. Hanno stralciato dal processo una delle figure chiave delle loro indagini, ed hanno inoltrato alla Camera l'ordinanza di custodia cautelare per lui, Nicola Cosentino, deputato del Pdl, sottosegretario all´Economia e candidato in pectore alla presidenza della Regione Campania, che "deve essere arrestato per i suoi rapporti con il clan camorristico dei Casalesi".
L'ordinanza porta la firma del Gip Raffaele Piccirillo, e mette la parola fine a indiscrezioni lunghe 18 mesi per trasformarsi in qualcosa che è più di un sospetto (leggi il commento di Saviano alla notizia). Gli stralci delle confessioni rilasciate dai pentiti del clan casalese e fedelmente riportate da L'Espresso (leggi) ci avevano messo in guardia: Gaetano Vassallo, che ha cominciato a rendere dichiarazioni nel 2008, ma anche Domenico Frascogna, le cui rivelazioni risalgono a dieci anni prima, Carmine Schiavone, il primo esponente di spicco del clan dei Casalesi a passare dalla parte dello Stato, e Michele Froncillo dicono che, da anni, dietro e accanto al clan più chiacchierato di questi giorni c'è sempre lui. E che, forse, non è troppo opportuno piazzarlo sulla poltrona più alta della Campania se lì vogliamo sistemare le cose. E che non è nemmeno il caso di tenerlo ancora su una delle poltrone del sottosegretariato all'Economia, a fare il bello e il cattivo tempo su questioni che riscontrano un profondo conflitto di interessi: quello tra la legalità e tutto il resto.
Con l'auspicio che, dopo l'ennesimo grande inciucio di stamane, ci sia ancora una qualche differenza tra la legalità e tutto il resto.

lunedì 2 novembre 2009

la lotteria del presidente

"Napoli e la Campania stanno vivendo una crisi drammatica: sul piano politico, istituzionale, economico. Crisi senza precedenti: lo ha detto anche Napolitano, già da qualche anno. Città e regione, nell´ultimo decennio, non sono più governate. Cosa mai accaduta nel passato. Oggi c´è un vuoto totale, che viene riempito dalla malavita organizzata". Parola di Cirino Pomicino, uno che di politica se ne intende, giacché è stato uno dei 24 parlamentari italiani che hanno subito condanne penali per i fatti di tangentopoli (fonte wikipedia). Tra le righe, si legge che la Campania ha bisogno di un uomo forte. Qualcuno che, come ai tempi della Dc, sappia gestire la cosa pubblica come le finanze familiari.
A 5 mesi dalle prossime elezioni regionali, intanto continua il giro di valzer delle nomine per decidere chi sarà il prossimo candidato alla presidenza del consiglio campano. Antonio Bassolino del Pd è riuscito a tener duro e rimanere a capo della regione fino alla scadenza del mandato, con la speranza che il suo partito forgiasse nel frattempo una personalità politica abbastanza carismatica da riconquistare il cuore dei meridionali delusi dalle tante marachelle che hanno messo in ginocchio il mezzogiorno. Quello homo novus, però, non si vede ancora.
Sull'altro fronte, quello del Pdl, c'è soltanto l'imbarazzo della scelta, perché l'imbarazzo il centro destra non sa nemmeno cosa significa. Allora ecco le voci di corridoio che parlano di una possibile candidatura di Guido Bertolaso, capo della protezione civile italiana e sottosegretario alla presidenza del consiglio e chissà quanti altri incarichi istituzionali, ma che ha "ripulito Napoli dalla monnezza"... Bertolaso, però, potrebbe dire di no come ha fatto ai tempi delle elezioni nel Lazio, che poi si sono trasformate nella vittoria del centro sinistra di Marrazzo...
Per un pò si è parlato anche della show girl salernitana Mara Carfagna, promossa da maestra di danza nella palestra del fidanzato a protagonista di calendari sexy fino all'ascesa al ministero delle pari opportunità. La Carfagna resta in attesa di un cenno del presidente. Ha già dato la sua disponibilità.
Poi c'è lui, il celebre Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe (nascere nella terra dei casalesi non è un demerito, ma come mai sono così tanti i parlamentari eletti in un paesino di 19mila abitanti?), coordinatore campano del Pdl e sottosegretario all'Economia. Oltre che indagato dalla Procura di Napoli per le confessioni rilasciate da numerosi pentiti della camorra. Ultima la "confessione" di Gaetano Vassallo, nel settembre 2008:
"Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società Eco4 gestita dai fratelli Orsi. Ai fratelli Orsi era stata fissata una tangente mensile di 50 mila euro... Posso dire che la società Eco4 era controllata dall'onorevole Nicola Cosentino e anche l'onorevole Mario Landolfi (An) vi aveva svariati interessi. Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest'ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio mi informò del suo contenuto" (Leggi l'articolo completo su L'Espresso).

Alla vigilia del federalismo e del ruolo strategico che rivestiranno nel tempo i consigli provinciali in Campania piace giocare al lotto. Vince chi ha più scheletri nell'armadio. Chi sarà il fortunato estratto alla carica di presidente?

sabato 31 ottobre 2009

Omicidio al quartiere Sanità

Si spara e si muore a Napoli. E le immagini di quel uovo omicidio firmato dalla malavita partenopea fanno il giro del mondo. I media calcano l'accento sull'indifferenza e l'omertà della gente che guarda e passa. Sul silenzio dei testimoni che non ci sono, nonostante la "taglia" promessa ai coraggiosi che vorranno collaborare alle indagini. C'è anche chi cita gli illustri precedenti letterari e cinematografici per dire che il resto dell'Italia è indignata fino a un certo punto di ciò che accade nelle strade di una delle città più popolose della penisola: gli italiani, quelli onesti e laboriosi, la loro dose di solidarietà e indignazione l'hanno già spesa tutta tra le pagine del libro di Saviano, o al cinema a guardare il film di Gomorra. Se i Napoletani non la vogliono smettere con la solita solfa dei morti ammazzati, cosa possono farci gli altri?


Per le strade di Napoli, però, si continua a morire. La Procura partenopea non ce la fa a tener dietro alla criminalità. Mancano i mezzi, gli uomini, le risorse e in parlamento si prepara anche una legge per rendere ancora più difficili le indagini. Ognuno si lega al dito i debiti del passato, ma i cattivi mettono in pratica nuovi delitti più velocemente di come i buoni scoprono i colpevoli. E hanno una memoria storica più lunga. Camorra 2 - Procura 1. E' stato appena arrestato un "latitante storico", condannato all'ergastolo nel 1995. Ma la malavita locale si è fatta "prestare" un delinquente "straniero" per far fuori Bacioterracino, probabilmente coinvolto nell'assassinio di Gennaro Moccia nel 1987.
"Io non ho paura.. non posso aver paura" ha detto la signora Bacioterracino. Ha le lacrime agli occhi, ma tiene i pugni stretti. A Napoli non ci si può permettere neanche il lusso di avere paura, perché tanto non serve a niente. Quello che serve, ed è anzi necessario, è un sussulto di orgoglio di chi in quelle strade sporche di sangue vive ogni giorno la propria esistenza.
Basta morti ammazzati, guerre di potere e perbenismo medioborghese di chi si lava le mani dicendo che quelle cose non lo riguardano. Siamo tutti sulla stessa barca. Una barca finita nell'ansa stagnante di un fiume, ma che con un pò di buona volontà e qualche colpo di remo può tornare di nuovo in gara.

lunedì 19 ottobre 2009

Campi di concentramento per i meridionali

"Tutti i criminali meridionali dovrebbero essere deportati in un luogo disabitato e lontano migliaia di chilometri dal Belpaese. In Patagonia, per esempio". Recita così una proposta di legge datata 1868 e firmata dal presidente del consiglio Luigi Federico Menabrea. Lo ha rivelato, qualche giorno fa, un articolo su cronache del Mezzogiorno poi ripreso a livello nazionale su La Stampa (leggi).
E sì che i briganti dovevano causare parecchi grattacapi ai nostri padri della patria. Se la storia fosse andata diversamente, quei briganti avrebbero avuto il riconoscimento di aver lottato per la Resistenza. Invece a vincere sono stati i Savoia, e allora bisognava eliminarsi dal suolo patrio. Allontanarli dalle famiglie, spezzare le radici con la terra d'origine e con tutto ciò che ogni uomo ha di più caro. Le esecuzioni capitali, gli arresti sommari, le cittadine distrutte e la militarizzazione delle campagne non erano sufficienti ad abbattere la lotta dei contadini alla loro terra e la battaglia per l'indipendenza dagli invasori venuti solo a portare nuove tasse. Patagonia, Mar Rosso, Tunisia... qualsiasi posto andava bene, purché quei malandrini fossero cacciati dall'Italia. C'è scritto sui documenti tenuti segreti fino ad oggi dal Ministero degli Esteri. Documenti bollenti.
A cui però gli stati esteri hanno il pudore di rispondere con il silenzio o un netto rifiuto. Per rispetto ai diritti umani, vogliamo sperare.
Ma i briganti meridionali non se la cavarono meglio per questo, purtroppo. Perché in Italia non c'è stato un vero lager per gli ebrei durante il ventennio fascista, la quello per i meridionali si e svetta ancora oggi sulla Valle di Susa. E' il forte di Fenestrelle, senza finestre e senza riscaldamenti. Furono deportati lì i briganti arrestati, ugualmente lontani dalla patria e da ciò che avevano di più caro. Senza coperte nei freddi inverni delle montagne piemontesi. Nessuno è sopravvissuto per raccontarlo, e la storia che si studia sui libri di scuola ha tutto l'interesse a non parlarne.

domenica 18 ottobre 2009

La storia fatta con le menzogne

Rieccoci a parlare del nostro caro sud. Stavolta la goccia che ha fatto traboccare il vaso è l'editoriale di Giorgio Bocca su Venerdì di Repubblica in edicola questa settimana. Titola "E, dopo la Reisstenza, si processa il Rinascimento". Perché, secondo lui, "ci sono due modi di scrivere la storia". Quella che guarda "dall'alto" vizi e virtù di un'epoca e quella che spia "dal buco della serratura". Gli storici non saranno molto felici di sentirsi definire guardoni.
Con un concetto manicheo di interpretazione della realtà, che ha il sapore di una visione della storia e del mondo parecchia datata a dire il vero, il mio caro collega rifiuta in blocco le nuove ricerche storiche che puntano ad approfondire e scoprire quanto rimasto non detto nelle vicende del nostro glorioso Risorgimento, limitandosi ad accettare in blocco il programma scolastico gentiliano che elogia le virtù meravigliose e splendide di un'Italia unificata da "élite coraggiose".
Il piemontesissimo Bocca (vedi biografia su wikipedia) divide le acque come Mosè. Da un lato ci sono le meravigliose sorti e progressive della "storia come volontà di progresso", "un fiume in piena che cambia la vita degli uomini e la stessa natura"; dall'altra parte c'è chi "si compiace dei vizi e delle umane viltà", come la "risacca" che porta a riva tutti i detriti, racconta di un "re galatuomo" a cui interessava soltanto andare a caccia di cervi e di contadine, "elenca le macerie e le vittime" di un'Italia unificata in accordo con la malavita locale.
"Oggi evidentemente siamo in un periodo di risacca e di revisionismo", sono d'accordo con lui. Ma forse a me questo non dispiace. Io non mi definisco uno storico senza averne la qualifica, e non ho pubblicato l'ennesimo libro sulla Resistenza italiana per vendere milioni di copie raccontando le reazioni dei miei oppositori a un mio saggio storico. Però un pò di storia l'ho studiata anch'io.
Una revisione del Risorgimento è oggi necessaria, perché siamo stanchi di sentirci raccontare dell'altruismo con cui le genti del nord ci hanno liberato dalla barbarie, dall'oppressione e dalla povertà tirannica in cui ci costringevano i Borboni.
Perché non è vero che siamo "la parte peggiore degli italiani, attendista e opportunista" che si ribella alle "minoranze del coraggio e dell'onestà". Ma con coraggio e onestà ribadiamo che, prima dell'unificazione nazionale, nel Regno delle due Sicilie non si stava poi tanto male. E se non avessimo dovuto pagare i debiti di una guerra di unificazione non voluta, magari adesso staremmo anche meglio. Senza alcuna "diffamazione della minoranza coraggiosa", soltanto raccontando quello che rivelano le carte nascoste di un Risorgimento raccontato soltanto a metà.
Gli storici di oggi sono definiti "nostalgici dello Stato, della Chiesa e dei Borboni", perché negano "quel miracolo di coraggio" che trasformò Torino da paese di pastori in capitale d'Italia attraverso una guerra di conquiste e soprusi che violò tutti gli accordi diplomatici internazionali e i diritti umani.

martedì 15 settembre 2009

E il sud paga dazio

Fanno la riforma della scuola (pardon, i tagli) e il sud paga il dazio. Cambiano il sistema di fiscalizzazione, e giù con la riduzione degli stipendi a chi lavora nel mezzogiorno. Se questa è Italia unita, qualcuno deve aver sbagliato a fare i conti. E anche a votare, se è per questo.
E' storia di questi giorni la preparazione del piano programmatico per il rilancio della scuola pubblica messo a punto dal ministro dell'istruzione, Maria Stella Gelmini, a braccetto con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. In previsione c'è il taglio, in tre anni, di 87mila posti di lavoro nel settore scolastico.
Chi lo paga il prezzo?
Semplice, i 14mila insegnanti più o meno precari. Quelli che, per diventare professori, hanno svolto il loro bravo percorso universitario e post universitario, con tanto di master per la preparazione all'insegnamento, tirocinio in aula, e migliaia di euro di spesa. Adesso il ministero gli stringe la mano, ringrazia per il contributo economico, e manda tutti a casa. Solo in Sicilia e Campania saranno 4.000 gli esuberi, tra i 14.000 previsti in tutto lo stivale. Sempre per la regola della par condicio.
Poi c'è il limite alla percentuale di stranieri che possono accedere all'istruzione pubblica (non oltre il 30%), il divieto assoluto per gli insegnanti di fare politica in aula (come ai tempi del fascismo, quando dovevi giurare fedeltà al partito o andavi a casa). Però l'ora di religione (cattolico-cristiana) non si tocca, la valutazione in quella materia farà media con tutti gli altri voti e i suoi insegnanti saranno dipendenti pubblici pagati con i soldi dello stato anche se non accedono alla carica con nessun concorso e anzi vengono designati direttamente dal vescovo di competenza territoriale.
Evvia l'Italia.

Quando la bellezza viene dal sud

Nelle "calde" serate su Rai1 il pubblico è stato tenuto in sospeso da gaffe e belle ragazze per conoscere chi, delle tante signorine che passeggiavano sulla passerella di Salsomaggiore, avrebbe meritato il titolo della 70° Miss Italia. La palma è arrisa a Maria Perrusi, diciottenne adolescente calabrese, e il secondo posto alla meno fortunata, ma non per questo meno avvenente Mirella Sessa, campana della provincia di Caserta.
Eccole qui, le giovani italiane cariche di sogni e belle speranze. Vengono quasi tutte dal sud, almeno quelle arrivate in finale, e della vita hanno un'idea tutta loro che ancora non si è scontrata con le difficoltà del mondo. O forse si, ma ieri sera hanno cercato di non darlo a vedere. Perché certe serate la vita possono cambiarla davvero, e senza dubbio l'esistenza di Maria Perrusi e Mirella Sessa non sarà più la stessa.

La nuova Miss Italia si chiama Maria Perrusi, è nata a Cosenza il 13 settembre del 1991, ha gli occhi verdi e i capelli castani, è alta un metro e 82 e sta per diplomarsi in Ragioneria: è iscritta all'ultimo anno di ragioneria all'Istituto Pizzini di Paola (Cosenza). La mamma, Lina, è casalinga, il papà, Francesco, è operaio.

Mirella Sessa è nata a Caserta il 13 settembre 1986 sotto il segno della Ver
gine, ma vive a Sessa Aurunca (CE). Occhi verdi, capelli biondi, Mirella è alta m.1,78. Sua mamma Ilda è insegnante, il papà Carmine è geometra. Ha due fratelli, Michele, 29 anni, e Gianluca, 20, e due sorelle, Wanda, di 27, Sara, di 18. Diplomatasi al liceo classico, vorrebbe laurearsi in giurisprudenza e diventare magistrato. Lavora saltuariamente come modella. Sogna di condurre un programma contenitore domenicale. È fidanzato da due anni con Mirko. Ha studiato danza classica per quattro anni, nuoto per cinque, e ora fa palestra. Quest'estate ha partecipato, insieme ad un gruppo teatrale, ad un varietà itinerante in Calabria.

E' la storia di due ragazze normali, con i loro sogni e le loro speranze. In comune hanno il fatto di essere belle e meridionali.

sabato 15 agosto 2009

Il delirio di ferragosto diventa programma politico

Federalismo fiscale, gabbie salariali, partito del Sud e dialetto obbligatorio. Ecco riassunto, in poche parole, il programma 2009 - 2010 della Lega.
Dal meridione si controbatte soltanto con l'idea di un "Partito del Sud".
Avvilente.
Demoralizzante.
La solita storia che ascoltiamo da 150 anni a questa parte.

Lo studio del dialetto a scuola è un bene e un male assieme. Ma a sceglierlo devono essere i ragazzi, come un'aggiunta a scelta al programma scolastico tradizionale, come per l'ora di religione. E non certo "attraverso le canzoni popolari, per renderlo più piacevole", come farnetica Bossi. Prima di apportare questa modifica leghista all'istruzione italiana, sarebbe meglio aggiungere qualche ora di inglese in più e magari un'altra lingua a scelta tra francese tedesco o spagnolo, visto che noi italiani siamo i meno pratici nelle lingue straniere.

Il partito del Sud ha il sapore di una scissione decisa dall'alto, a cui la gente non ha molta voglia di partecipare. Il nuovo gruppo politico che vuole partire dalla Sicilia per conquistare il mezzogiorno è stato deciso a tavolino da un gruppo di dirigenti per riportare al Sud i finanziamenti europei che copriranno il deficit di comuni e regioni, senza attuare i piani di sviluppo che invece interessano il sud Italia. Quasi quasi riportiamo in vita anche la vecchia Cassa del Mezzogiorno. Poi, se mai il nuovo partito dovesse davvero coinvolgere il popolo, cosa ne sarebbe della nostra penisola già divisa di per sè. Facciamo una bella guerra di secessione all'Italiana, in stile pizza e mandolino vs polenta e cussot?

Gabbie salariali. In uno stato dove le retribuzioni sono ai minimi rispetto agli altri paesi della comunità europea ma la percentuale di tasse trattenuta dallo stato è la più alta, la Lega farnetica di livellare i salari in base al costo della vita. Senza comprendere che il costo della vita in realtà di adatta a quello che è il tenore di vita medio. Lo sappiamo tutti che un piatto di pasta con le vongole costa meno a Napoli che a Milano, e non solo perché il mare è più vicino. Nè, come spifferano in molti, perchè c'è l'evasione fiscale. C'è la criminalità, il lavoro nero, la disoccupazione diffusa e le famiglie monoreddito. Molto spesso, semplicemente, perchè ci si accontenta di guadagnare di meno ma lavorare con maggiore serenità e star bene tutti.
Sono stata alla trattoria da Nennella, qualche tempo fa: si trova nel cuore dei quartieri spagnoli, a quattro passi da via Toledo. Bisogna fare la fila per trovare un posto a sedere, ma si mangia tanto, bene e ci si diverte pure con pochi soldi. Primo, secondo, contorno, frutta, acqua e vino per due a soli 15 euro. Con tanto di ricevuta.

Il federalismo fiscale ha bisogno di un post a parte... In tanto buon ferragosto!!!

martedì 11 agosto 2009

Gabbie salariali in stile padano

E si torna a parlare di gabbie salariali. C'è chi nega il termine così "duro" ("No alle gabbie salariali se queste sono intese come una discriminazione, sì ad una contrattazione che tenga contro della produttività", Daniele Capezzone) e chi lo difende a spada tratta ("Le gabbie salariali vanno fatte: se si vuole il federalismo lo si deve volere fino in fondo", Luca Zaia). Ma poi la musica è sempre al stessa.
Chi sta preparando il federalismo fiscale in realtà vuole liberarsi del sud che ritiene sprecone, corrotto, improduttivo e, a conti fatti, un peso morto che taglia le ali alla Padania unica, produttiva, efficiente e meravigliosa.
Il Sole24ore
(leggi) ricorda i tempi in cui le gabbie salariali hanno condizionato l'economia della penisola, visto che i nostri politici la storia la dimenticano troppo spesso o forse non l'hanno mai studiata troppo impegnati a imparare il dialetto lumbard. Repubblica, ogni tanto, si prova a fare chiarezza sulle vere differenze tra nord e sud (leggi). E sottolinea che poi, questo 16% di divario, non è poi così netto.
1. Innanzitutto perché il lavoro non è capillarmente diffuso, e a Napoli come a Palermo a portare l pane a casa è soltanto il capo famiglia. Quando sono in 4 a dover vivere con 1.100/1.500 euro è giusto che il pane sotto casa costi 1,20 euro al chilo, piuttosto che 2,50 euro. Mangiare costa meno perché la gente si "arrangia" a cucinare piuttosto che andare in giro per ristoranti o nutrirsi a base di precotti. E se una pizza costa 3 euro a Napoli e 8 euro a Milano è perché il pizzaiolo lombardo è uno speculatore, non perché la margherita è più buona sotto la Madunnina.
2. Abbigliamento, biancheria per la casa, accessori e oggettistica hanno prezzi "nazionali" dei negozi in franchising. La maglietta di marca costa 50 euro a Milano come a Bari. La differenza sta nella quantità di magliette firmate: forse il barese ne compra qualcuna in meno.
3. Arredamento per la casa e accessori tecnologici sono più economici al nord Italia, e questo non può negarlo nessuno. Con l'eccezione delle super offerte nazionali, a causa le spese aggiuntive per il trasporto su ogni mille euro di "tecnologia" lo scarto è di almeno 50/100 euro.
4. Affitti e Compravendite di immobili oscillano a seconda della richiesta e della densità demografica del luogo. Un monolocale a Napoli costa quanto un monolocale nelle altre città del nord Italia, e le agenzie immobiliari praticano la stessa attività di sciacallaggio venduta come attività di mediazione.
Allora dov'è la differenza?

lunedì 3 agosto 2009

Esame di dialetto per aspiranti prof

Un professore, per insegnare in una regione diversa da quella dove è nato ed ha conseguito la laurea, dovrà sostenere un apposito esame per verificare la sua conoscenza, di storia, cultura e tradizione locale, nonché avere una specifica padronanza del dialetto. Roba dell'altro mondo ( leggi ).
Dopo 150 anni dall'unificazione forzata della penisola, dopo un processo di italianizzazione che si dimostra ancora una ferita aperta, e soprattutto dopo l'ingresso nell'Unione europea c'è ancora qualcuno che farnetica stravaganze dal sapore razzista.
"Si tratta del mondo per uniformare nella vita reale i voti generosi che danno alcune università italiane con i voti più concreti rilasciati da altre", ha detto quel qualcuno, che fa fatica a parlare un italiano corretto e vorrebbe che facessero altrettanto i professori di suo figlio. Purché parlino bene il dialetto padano. Come se una laurea con 110 e lode all'università Federico II di Napoli, la prima università statale d'Europa (fondata appunto da Federico II nel 1224), valesse meno di un 99 in qualsiasi parte del nord Italia, perché lì non li regalano i voti. La borsa di studio con la media del 24 invece si. Ma questa è storia dell'università italiana che funziona male e sarà riformata anche peggio.
Un esame in dialetto per insegnare italiano e matematica è una discriminazione che neanche dovrebbe essere pronunciata in un paese civile. Ammesso che l'Italia di oggi possa considerarsi tale.
Tant'è, "fuma c'anduma nè". Comincio ad allenarmi. Molto presto chiederanno anche ai giornalisti l'esame del dialetto, così ognuno potrà leggere le notizie nel dialetto che preferisce. I napoletani lo hanno fatto già nel 1799, quando Eleonora Pimentel Fonseca ha deciso di utilizzare la lingua del popolo per il suo Monitore Napolitano.
Quelli, però, erano altri tempi. E quella, soprattutto, era una lingua. Il Napoletano, appunto: lingua ufficiale del Regno di Napoli.
Chiedere a un aspirante professore di imparare, parlare e sostenere un esame sul modo di esprimersi delle popolazioni del posto significa degradare l'insegnamento al livello dell'oralità precedente all'istituzione della scuola dell'obbligo (perché sono pochi i dialetti che vantano una letteratura) e non sarebbe un vantaggio per la scuola italiana.
Speriamo che quel qualcuno si ricreda.

domenica 2 agosto 2009

La cassa e il Mezzogiorno

Quando furono depositati i primi 100 miliardi di lire sul conto della Cassa del Mezzogiorno, i meridionali credettero si trattasse di una Befana. Lo dice in un suo articolo datatto 1963 l'inviato del Corriere della Sera, Indro Montanelli, che alla vigilia dei primi 15 anni del CasMez preparava a suo modo una maxi inchiesta sull'istituzione pro Sud Italia.
"Da 100 anni sono abituati a non ricevere altro che Befane: un ponte qui, una strada là, un pò di appalti, qualche ufficio dalle atribuzioni vaghe che fornisse soltanto un pretesto alla distribuzione di qualche impieguccio...". La Cassa del Mezzogiorno puntava ad agganciare il meridione allo sviluppo industriale del nord. Il risultato sono state le cattedrali industriali senza forza lavoro, le cattedrali nel deserto che costellano vaste aree incolte e disabitate della Puglia, della Calabria e della Campania felix. Ciò che non hanno capito ancora molti politici italiani, o forse fanno finta di non capire, è che l'Italia è divisa anche per vocazione economica. Le fabbriche sotto al Vesuvio o nel Tavoliere delle Puglie non hanno ragione di esistere, perchè il futuro non va in quella direzione. Di queste mie idee per uno sviluppo sostenibile parlerò altrove, magari in una lettera a Napolitano.
A quasi sessant'anni dalla sua istituzione, dopo 17 dalla sua soppressione ai tempi di Tangentopoli, il nostro Governo ripensa alla Cassa. Le recenti proteste di Lombardo, il Governatore della Sicilia, gli hanno fatto notare che con la legge delega sul Federalismo Fiscale ha fatto il passo un pò più lungo della gambetta, e agli alleati bisognava pur dare qualcosa in cambio del tanto a cui si chiedeva di rinunciare.
Una nuova cassa, allora. E siccome il vecchio forziere è rotto (le casse dello stato piangono e preparano una manovra fiscale in extremis per dimostrare che da noi la crisi finanziaria non c'è mai stata, perchè i conti in rosso li avevamo anche prima), inventriamoci qualcosadi nuovo.
Anzi, di più vecchio della CasMez: un Piano Marshall formato mezzogiorno.
Nessuno sa ancora di cosa si tratti (leggi Corriere della Sera ), ma tutti sanno che ci sarà. Con 27 miliardi di euro da gestire fino al 2013. La torta non sarà molto più grande di quella che c’è oggi sul piatto, ma le bocche da sfamare saranno molte di più. Con l'aggiunta di un nuovo ente da gestire e finanziare.
E Lombardo ha cominciato già a riscuotere i primi soldini. Quattro miliardi di euro per la Sicilia. Quando poi il problema diventa, come ammette lo stesso Tremonti, "cosa succederà il primo gennaio del 2014".
Duemila e quattordici... Manca così tanto tempo! Dopo tutto, domani è un altro giorno

sabato 1 agosto 2009

Il morto di Mappatella beach

Ritorno nelle pagine del blog, perché su come sono realizzate certe pagine di cronaca che parlano di Napoli non si può rimanere indifferenti. Ho scritto una lettera al Corriere della Sera, ma siccome parlo da napoletana non la pubblicheranno mai. Così la riporto sul blog.
Ho letto con disappunto e imbarazzo l'articolo di ieri sull'episodio occorso a Mappatella beach, sul lungomare di Napoli ( leggi ). Ma a indignare la giornalista che sono non è la denuncia dell'indifferenza che trabocca dal servizio di Paolo di Stefano , scritto con la tracotanza di un editoriale di denuncia. (Cosa avrebbero dovuto fare i bagnanti, bloccare la riviera di Chiaia?).
Mi indigna e stupisce la mancanza della notizia, il divagare in ampollose citazioni e descrizioni da romanzo d'appendice. Basta così poco per scrivere un articolo sul Corriere della Sera? Nella "versione locale" ( leggi ) ,la tirata moralista si esaurisce nelle ultime righe; sul nazionale il sermone diventa il file rouge del servizio, come ammette lo stesso autore.
Che poi, a ben guardare le foto, tutta questa indifferenza non la vedo. Attorno al cadavere sono parecchie le persone. se siamo in 10 su una spiaggia non andiamo tutti a salvare un annegato: qualcuno chiamerà pure i soccorsi!
E da giornalista professionista disoccupata, laureata, masterizzata, ultra qualificata e napoletana mi indigno, per l'alone di negatività sottinteso in ogni riga dell'articolo, per la stoccata di moralismo ipocrita sottintesa in ogni riga che si infarcisce di citazioni per nascondere l'assenza dei fatti. Con questa mia non cerco un posto di lavoro, chiedo solo maggiore coerenza editoriale al quotidiano più letto in Italia.

giovedì 8 gennaio 2009

Si facesse i fatti suoi...

"Iervolino e Bassolino devono dimettersi".E' questo il motto che ormai accomuna il Pd nazionale, i suoi politici che finalmente si trovano uniti e concordi su qualcosa. Non la riforma della scuola e il lodo Alfano, non la finanziaria approvata in sordina senza che nessuno parlasse dei suoi tagli selvaggi su tutto nè sulla questione dell'Alitalia svenduta allo straniero.
Macchè!
"Non si pubblica la registrazione!" Potrebbero venir fuori rivelazioni più piccanti di vallettopoli, meglio non rischiare. Meglio che Iervolino e Bassolino si dimettano per accelerare la formazione di un'era nuova.
"Bisogna dare un segnale forte", ha fatto sapere veltroni, che presto sarà di nuovo a napoli per presentare il suo uomo. Il torinese Enrico Morando si appropinqua all'ombra del Vesusio nei panni di commissario - ombra al posto del dimissionario (ma chi lo aveva eletto) fuggitivo Luigi Nicolais. Tutta un'altra storia.... Ehm...

martedì 6 gennaio 2009

Il rimpasto

La Campania e Napoli hanno bisogno di un profondo rinnovamento della sua classe politica, e non solo.
Mutamento, inversione di tendenza, cambio di rotta, e non soltanto un superficiale maquillage per imbiancare la facciata un po' stinta e continuare sempre con la solita musica.
Il sindaco Rosa Iervolino Russo ha nominato "ben 6 nuovi assessori", e non vuole chiamarlo rimpasto. "E’ un governo di piena innovazione", ha detto. E i vertici del Pd hanno risposto che va bene così.
A conti fatti, conviene a tutti. Il Pd "decentrato" (perchè ogni governo cittadino decide come più gli aggrada) mantiene l'amministrazione a Napoli e in Campania in attesa che scadano i giorni naturali del mandato popolare. Nell'attesa il partito veltroniano si auto-commissaria, inviando a Napoli il sabaudo Enrico Morando.
L'alternativa sarebbero state le elezioni anticipate, e in questo momento della sua esistenza il Pd non se lo può proprio permettere. Soprattutto a Napoli, dove la preponderanza del Pdl berlusconiano sarebbe schiacciante, e i dipietristi (l'unica alternativa giustizialista alla destra) non sono mai andati molto di moda sotto il Vesuvio.
Meglio temporeggiare.
Intanto il governo centrale prepara una riforma della giustizia che, nella sostanza, depenalizza i truschini.
Ci saranno meno indizi perchè riportando la polizia giudiziaria sotto l'egida del ministero degli interni piuttosto che sotto gli anarchici Pm. Così si riduce la raccolta degli indizi.
Un'apposita legge limita l'accesso alle intercettazioni telefoniche riducendo al minimo il loro utilizzo per consentire a tutti di vivere felici e contenti. Altro che calciopoli, e compagnia cantando!
L'ignoranza dei fatti è la medicina più dolce per tutti i mali. Meglio che le manette scattino contro i giornalisti che non tengono chiusa la bocca, e i direttori dei quotidiani che non applicano la censura.
C'è bisogno di un nuovo Minculpop.
A Roma ci penseranno da domani. A partire da Napoli.