domenica 18 ottobre 2009

La storia fatta con le menzogne

Rieccoci a parlare del nostro caro sud. Stavolta la goccia che ha fatto traboccare il vaso è l'editoriale di Giorgio Bocca su Venerdì di Repubblica in edicola questa settimana. Titola "E, dopo la Reisstenza, si processa il Rinascimento". Perché, secondo lui, "ci sono due modi di scrivere la storia". Quella che guarda "dall'alto" vizi e virtù di un'epoca e quella che spia "dal buco della serratura". Gli storici non saranno molto felici di sentirsi definire guardoni.
Con un concetto manicheo di interpretazione della realtà, che ha il sapore di una visione della storia e del mondo parecchia datata a dire il vero, il mio caro collega rifiuta in blocco le nuove ricerche storiche che puntano ad approfondire e scoprire quanto rimasto non detto nelle vicende del nostro glorioso Risorgimento, limitandosi ad accettare in blocco il programma scolastico gentiliano che elogia le virtù meravigliose e splendide di un'Italia unificata da "élite coraggiose".
Il piemontesissimo Bocca (vedi biografia su wikipedia) divide le acque come Mosè. Da un lato ci sono le meravigliose sorti e progressive della "storia come volontà di progresso", "un fiume in piena che cambia la vita degli uomini e la stessa natura"; dall'altra parte c'è chi "si compiace dei vizi e delle umane viltà", come la "risacca" che porta a riva tutti i detriti, racconta di un "re galatuomo" a cui interessava soltanto andare a caccia di cervi e di contadine, "elenca le macerie e le vittime" di un'Italia unificata in accordo con la malavita locale.
"Oggi evidentemente siamo in un periodo di risacca e di revisionismo", sono d'accordo con lui. Ma forse a me questo non dispiace. Io non mi definisco uno storico senza averne la qualifica, e non ho pubblicato l'ennesimo libro sulla Resistenza italiana per vendere milioni di copie raccontando le reazioni dei miei oppositori a un mio saggio storico. Però un pò di storia l'ho studiata anch'io.
Una revisione del Risorgimento è oggi necessaria, perché siamo stanchi di sentirci raccontare dell'altruismo con cui le genti del nord ci hanno liberato dalla barbarie, dall'oppressione e dalla povertà tirannica in cui ci costringevano i Borboni.
Perché non è vero che siamo "la parte peggiore degli italiani, attendista e opportunista" che si ribella alle "minoranze del coraggio e dell'onestà". Ma con coraggio e onestà ribadiamo che, prima dell'unificazione nazionale, nel Regno delle due Sicilie non si stava poi tanto male. E se non avessimo dovuto pagare i debiti di una guerra di unificazione non voluta, magari adesso staremmo anche meglio. Senza alcuna "diffamazione della minoranza coraggiosa", soltanto raccontando quello che rivelano le carte nascoste di un Risorgimento raccontato soltanto a metà.
Gli storici di oggi sono definiti "nostalgici dello Stato, della Chiesa e dei Borboni", perché negano "quel miracolo di coraggio" che trasformò Torino da paese di pastori in capitale d'Italia attraverso una guerra di conquiste e soprusi che violò tutti gli accordi diplomatici internazionali e i diritti umani.

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