venerdì 2 luglio 2010

La vuvuzella e la voce della città


Stamane sull'edizione napoletana di Repubblica Salvatore Casaburi, scrittore napoletano e "amico" della Fondazione Premio Napoli, ha sollevato una riflessione che credo vada approfondita. Citando Tolstoj e Anna Karenina ha ricordato che "tutte le città serene si somigliano per il silenzio; ogni città infelice è invece rumorosa a modo suo".
Mi è venuto da pensare, su suo suggerimento, al rumore continuo, assordante, per qualcuno anche fastidioso, prodotto dalle vuvuzellas utilizzate dagli spettatori di questi mondiali ormai finiti per la nazionale italiana.
Casaburi ha ricordato le trombe di donna Antonietta, prodotte con materiali di recupero e rivendute in occasione della chiassosa festa di Piedigrotta. Quando la festa di Piedigrotta era una festa seria, apotropaica, enon la farsa folklorica e commerciale di oggi. Io ho ricordato le tammorre che, nel mio paese natale, accompagnano ancora oggi i balli in onore della Madonna delle galline. Un bel frastuono, nell'uno e nell'altro caso. Poi ho ricordato il silenzio di oggi, in unna città che non èla mia patria: la raggelante quiete di luoghi silenziosi, tranquilli, dove anche i bambini hanno timore di lamentarsi per paura di disturbare. La chiamano qualità della vita, riduzione dell'inquinamento acustico, serenità dell'anima di un popolo soddisfatto, lavoratore, preciso e attento.

Ai sudafricani, però, non interessa. Loro continuano a suonare la vuvuzela e ne hano installato una megalitica a Città del Capo mentre gli italiani tornano a casa con la coda tra le gambe, a capo basso, vittime della tracotanza di ex campioni del mondo che non hanno neanche saputo superare la fase dei gironi. Anche ai Paganesi importa poco: loro continuano a festeggiare chiassosamente la Madonna amica degli ovini. E a Napoli, tra le strade e i vicoli, fino al lungomare che ospita la festa di Piedigrotta, c'è ancora tanta gente che turba acusticamente la tranquillità falsa che non appartiene al sud.

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