venerdì 3 giugno 2011

Fare il sindaco di Napoli - Lettera aperta a De Magistris


Fare il sindaco di Napoli è bello e terribile, più di qualunque altra cosa.

Sono le parole profetiche di chi sindaco di Napoli lo è stato, nel bene e nel male. Antonio Bassolino dalle pagine di Repubblica plaude al successo di De Magistris, neosindaco eletto plebiscitariamente da tanta parte di Napoli.

La gente stanca delle promesse della destra come della sinistra, che ha bisogno e voglia di riscatto, ha scelto lui per aiutarla a rialzare la testa. La gente stanca di sentirsi offesa chiede all’Italia e al mondo di guardare alla città campana come a un punto di riferimento per il paese; e ai suoi abitanti come cittadini di serie A come tutti quanti gli altri, con pari diritti e dignità.

Perché i napoletani di oggi hanno voglia di gridare al mondo che vivere a Napoli è bello e terribile, e non è uguale a nessuna altra emozione.

Dopo il bagno di folla e le promesse, all’indomani di una campagna elettorale trascorsa ad ascoltare le richieste della sua gente, è arrivato per De Magistris il momento di passare all’azione. Di progettare il futuro della città non soltanto con le parole.

Ma senza rinunciare alle parole.

Lo ha dimostrato martedì 31 maggio a Ballarò, rispondendo per le rime alle accuse del premier secondo cui candidare Mara Carfagna a sindaco di Napoli avrebbe significato vincere le elezioni al costo di consegnare il giovane ministro nelle mani della Camorra. Un insulto che i napoletani non si meritano e non hanno più intenzione di tollerare. Identificare il popolo meridionale con la criminalità è un’offesa alla dignità di persone oneste, benpensanti, politicamente e civicamente attive, intelligenti e sane. Ne è una riprova che il nuovo sindaco della città è proprio un ex magistrato, un uomo prestato dalla giustizia alla politica per garantire la “giustizia sociale”, la parità di diritti di tutti sul lavoro, nella sanità, nella qualità della vita.

Sono tanti i problemi che lo attendono sulla scrivania: il lavoro, l’emergenza rifiuti, la crisi sociale e finanziaria, la sicurezza, la scuola pubblica solo per citarne alcune.

Auguro buon lavoro a De Magistris, perché dopo essere stato Masaniello sappia trasformarsi in Filangieri. Perché dopo aver scassato sappia ricostruire. Sappia circondarsi di uomini nuovi che nulla hanno a che fare con la vecchia politica e contribuisca a regalare una stagione nuova alla sua e alla nostra città, perché sia di esempio per il rilancio del sud che si trasformerà in volano per la rinascita dell’Italia tutta.

lunedì 18 aprile 2011

Mieli: Italia ha debito storiografico con il Sud

Mieli: la verità sul Risorgimento


L'Italia ha un debito storiografico con il sud, e sono maturi i tempi perchè quel debito venga sanato per il bene dell'Italia intera” ha dichiarato Paolo Mieli, ex direttore de La Stampa e del Corriere della Sera, durante la lectio su Risorgimento e Antirisorgimento tenuta alla Biennale Democrazia. Di fronte a un luogo strategicamente fondamentale per il Risorgimento italiano, la sede del primo Parlamento italiano, il luogo dove Vittorio Emanuele II è stato nominato re di un'Italia suo malgrado unita, a Torino si è consumato un ancor più fondamentale momento di riflessione critica del procedimento storico che a quell'unità ha portato, con le sue luci e le sue ombre, e le sue colpe ancora da espiare.

Dopo 150 anni di verità taciute a causa di conflitti ideologici, storici e culturali tra cattolici e socialisti, laici e repubblicani, tra sensi di colpa e fuga ideologica dall'eredità fascista, sta affiorando nella gente il bisogno di raccontare le verità, anche scomode, che hanno portato ad un'Italia unita “che nessuno aveva programmato in questo modo, ad eccezione di Mazzini”.

Le verità troppo a lungo negate hanno invece bisogno di essere raccontate, come dimostrano i saggi storico critici sull'altra faccia del Risorgimento che vendono migliaia di copie. “E allora diciamolo – esorta Mieli – come hanno fatto gli USA raccontando tutti gli aspetti della guerra di secessione che mise l'uno contro l'altro il Nord e il Sud del paese. Perché il sud è stato conquistato con una durezza e un'asprezza di modi che non meritava” e che non è degna di un paese civile.

“Ricordiamo anche noi quel milione di vittime di una guerra civile, colpevoli di essere rimasti fedeli al proprio sovrano e di aver combattuto per la propria terra contro l'invasore. Smettiamo di chiamare briganti e di confonderli cin i criminali i partigiani meridionali che per 10 anni combatterono contro l'esercito sabaudo per liberare una terra invasa dallo straniero. Ricordiamo con rimpianto, ammirazione ed orgoglio gli oltre 10 milioni di immigrati che abbandonarono una terra dove non esisteva l'emigrazione, e che con ingegno e coraggio hanno fatto grandi i pesi dove si sono trasferiti (nord Italia incluso)”.

Smettiamola, soprattutto, di commettere ancora l'errore tutto italiano di fare dei sogni così grandi e ambiziosi da scontrarsi ogni volta con la limitatezza di orizzonti con cui siamo in grado di trasformarli in realtà”.

A 150 anni di distanza dai fatti che distrussero un regno florido, colpirono una popolazione attaccata alla corona e alla propria terra, unificarono territorialmente un paese frammentandolo socialmente e ideologicamente al proprio interno così da creare i presupposti per l'Italia divisa di oggi, è giunto il tempo che l'Italia sappia e che i giovani sappiano. Accompagnati nella nuova consapevolezza da insegnanti consapevoli di una frattura da colmare, di un debito da ripagare con cari interessi, “perché il sud riacquisti consapevolezza di ciò che è stato e di quanto importante possa tornare ad essere per il proprio bene e per l'Italia tutta”.


lunedì 11 aprile 2011

DIETRO LA RETE


Il piccolo mondo all´interno del campo è diviso dal mondo esterno da mura alte circa 5 metri e lunghe 10 chilometri (sormontate da vetri impastati con il cemento) e da due file di reti. Fuori c'è l'Italia, con i suoi problemi e le sue contraddizioni di paese diviso. Dentro ci sono loro, 570 tunisini, immigrati, clandestini, o come li si voglia chiamare: esseri umani scappati da un paese in difficoltà, che hanno affrontato ore e giorni di viaggio su barconi della speranza nell'illusione di trovare un futuro migliore dall'altra parte del mare e che si trovano oggi in un campo di non so cosa a Santa Maria Capua Vetere. Prima c'era stata Lampedusa, poi la nave che li avrebbe portati in un posto diverso. Nessuno aveva specificato "milgiore".
"No alle baraccopoli" rassicurano i leghisti. Ma sono promesse e rassicurazioni fatte agli elettori del nord, che di baraccopoli e immigrati hanno sentito le chiacchiere e le disquisizioni. E mentre nei luoghi alti del potere e della penisola si continua a fare promesse al vento e minacce all'Europa, gli equilibri instabili di una situazione precaria rischiano di spezzarsi.
Mentre il Risorgimento dell'Africa potrebbe essere una immensa occasione per il sud dell'Europa, e soprattutto per il sud dell'Italia.
Basta fare un salto indietro nella storia neanche troppo antica delle Due Sicilie per ricordare che il sud possedeva la seconda flotta mercantile più importante d'Europa e la terza per rilevanza militare. Commerciava materie prime e prodotti industriali con tutti i paesi che affacciavano sul Mediterraneo. Rappresentava un "porto di mare" ricco per scambi culturali sociali, turistici.
Bari sull'Adriatico, Taranto nello Ionio, Messina verso lo stretto e Palermo e Napoli strategicamente riparate nell'insentura del Tirreno ma aperte al Mediterraneo, possono tornare ad essere posizioni strategiche, centri nevralgici dei nuovi flussi commerciali di una rinascita economica, sociale, politica e culturale da creare con i fratelli dell'Africa che combattono per un futuro diverso, migliore.

martedì 22 marzo 2011

Chiaiano: due anni dopo

Me lo ricordo ancora quell'infuocato pomeriggio di fine estate. Lavoravo all'Ansa e mi avevano incaricata di seguire la manifestazione degli abitanti di Chiaiano, Marano e Mugnano contro la nuova discarica. Nel primo pomeriggio erano tutti lì: migliaia di uomini, donne e bambini arrabbiati con mondo e con l'indifferenza che li condannava a pagare il prezzo di anni di malagestione dell'affare monnezza accogliendo una nuova discarica nel cuore della città.
In via Cava del Cane li aspettava l'esercito: era un sito di rilevanza strategica nazionale, e di lì non si poteva passare. Tecnici e personale specializzato stava svolgendo i carotaggi per verificare la buona gestione della precedete discarica e procedere all'allestimento della nuova nello stesso luogo, monnezza su monnezza, e i tecnici voluti dalla gente erano stati lasciati fuori. I giornalisti non avevano potuto verificare che fossero rispettate le precauzioni e le norme vigenti: per l'interesse superiore dello stato qualcuno doveva pur pagare....
Sono passati meno di due anni, e gli abitanti di Chiaiano oggi si sentono dire che forse avevano ragione a temere il peggio: quando 'esercito è andato via e si sono spenti i riflettori, sulla discarica vecchia/nuova si è allungata la longa manu della Camorra, o del Malgoverno, che tanto è la stessa cosa. Quella mano ha imbrogliato, truffato, utilizzato materiali nocivi spacciandoli per altro, finto di bionificare e rispettare le regole facendo esattamente il contrario. "Tanto loro si bevono l'acqua minerale" se le falde vengono inquinate. Tanto loro abitano a chilometri di distanza dai posti dove l'incidenza di malattie e tumori alle vie respiratorie è molto più alta rispetto alla emdia nazionale.
La Procura ha aperto un'inchiesta sulla mala gestione della discarica di Chiaiano, e in via Cupa del Cane adesso tirano un sospiro di sollievo alla notizia che forse il sito verrò sequestrato.
Non respirano troppo profondamete, però. Perchè loro l'avevano detto da molto tempo, ma chi li ha finalmente ascoltati potrebbe cambiare idea.

mercoledì 16 marzo 2011

Nucleare? no a casa mia


Una decisione che ha fatto scuola e polemica: lo scorso giugno la Campania, con una legge regionale, ha detto no alla collocazione di centrali nucleari costose e pericolose su suolo regionale a forte rischio sismico. A quel tempo il Governo disse ai suoi seguaci: "secondo la Costituzione voi regioni avete il diritto/dovere di decidere, ma in questo caso specifico decidiamo noi, giacchè si tratta di itnerventi di più alto itneresse strategico nazionale".
Poi vennero i giorni grigi della fobia di una nuova Cernobil, la minaccia dell'apocalisse atomica, il ciglio aggrottato dei giapponesi che continuano a lavorare per porre riparo alla catastrofe della natura. E i Governadores filo governativi cambiarono idea: il nulceare è cosa buona e giusta, dissero, ma non nel mio orticello, la cui conformazione morfologica non è consona.
Prima venne Zaia, verde padano della val Padania, ex ministro dell'Agricoltura, giacchè "la morfologia della regione non presenta le caratteristiche necessare" per un impianto di tal impatto. Vuoi mettere che una nuova alluvione se lo porta via?
Poi arrivò Formigoni: "La nostra regione è autosufficiente dal punto di vista energetico, e di questo bisognerà tener conto quando si studierà il luogo dove collocare una centrale".
Nel profondo verde a pie' del monte, in Piemonte appunto, Cota fa eco ai compari: “Dire no in questo momento al nucleare sarebbe da ipocriti, anche perché ci sono molte centrali francesi vicine al nostro territorio, ma il Piemonte non offre caratteristiche adatte a ospitare nuovi impianti”.
In Puglia, Calabria, Liguria ci si era defilati già da un pò. Sempre al stessa storia. L'energia elettrica non è poi così poca come si vuol far credere. E il territorio non è così accogliente e adatto a una centrale invasiva, invadente, pericolosa, costosa e tutto sommato inutile.
Caldoro, dalla Campania, fa spallucce: “In Italia vi è un gap energetico da colmare e, per questo motivo, non bisogna effettuare scelte ideologiche”.
Bisognerebbe spiegargli che, proprio mentre esprimeva questo concetto profondamente progressista e meditato sul futuro energetico e ambientale di una delle regioni a più alto rischio sismico, geologico, vulcanico e quant'altro della penisola, in quel di Benevento è stata registrata una scossa sismica di magnitudo 2.6. Un amminimento della terra che ha ricordato: Io sono qua!"

giovedì 3 marzo 2011

S.O.S. FONTI RINNOVABILI INVIA LA PETIZIONE!


RICEVIAMO UNA RICHIESTA DI PETIZIONE DALL' ASSOCIAZIONE SOSRINNOVABILI CHE VI INVITIAMO A SOTTOSCRIVERE E DIFFONDERE

Carissimi amici,

Il Governo intende presentare in pre-consiglio martedi una bozza che di fatto bloccherà il fotovoltaico con effetto quasi immediato se non retroattivo. Tetto di 8.000 MW e stop agli incentivi un MW dopo. Chi finanzierà gli impianti in queste condizioni di incertezza e dopo tutta la disinformazione che è stata fatta in questi giorni?

Stiamo agendo su vari fronti per cercare di parare il colpo:

1) oltre 55 parlamentari hanno firmato la lettera da noi predisposta per il capo dello stato e il presidente del consiglio dei ministri

2) lunedi terremo una conferenza stampa congiunta di fronte al ministero dello Sviluppo con Legambiente, WWF, GreenPeace, Aper, Anev, AssoSolare, Grid Parity Project e Kyoto Club

3) stiamo cercando di organizzare una manifestazione di fronte a Palazzo Chigi per il giorno previsto di approvazione del Dlgs (mercoledi).

Tutto questo potrebbe non bastare purtroppo. E' il momento di fare sentire quanti interessi sono toccati da un provvedimento cosi sbagliato. Abbiamo predisposto il testo di una lettera (lo trovate nel seguito). Ciascuno di noi lo dovrebbe inviare e impegnarsi a farlo inviare a quante più persone possa.

L'e-mail dovrebbe essere indirizzata ai seguenti indirizzi e-mail:


segreteria.presidente@governo.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Segreteria.ministro@sviluppoeconomico.gov.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Saglia.segreteria@sviluppoeconomico.gov.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Segreteria.capogabinetto@sviluppoeconomico.gov.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Ufficio.legislativo@sviluppoeconomico.gov.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

segreteria.ministro@minambiente.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

atelli.massimiliano@minambiente.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Lucarelli.paola@minambiente.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Degiorgi.marco@miniambiente.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

segreteriaMinistroSacconi@lavoro.gov.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.


INVIATECELA POI PER CONOSCENZA A:

info@sosrinnovabili.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.


"On. Presidente del Consiglio dei Ministri On. Ministro dello Sviluppo Economico On. Ministro dell'ambiente, della tutela della natura e del mare On. Ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali

In questi giorni, si decide la morte per decreto delle energie rinnovabili in Italia. Quindicimila famiglie rischiano di perdere in pochi mesi il posto di lavoro, un indotto che occupa altre 100.000 persone sarà colpito. E' un prezzo altissimo, in termini sociali ed economici, che verrà pagato da uno dei pochissimi settori produttivi non colpiti dalla crisi e da un numero importante di lavoratori e famiglie. E' quello che succederà se il Consiglio dei Ministri approverà il decreto sulle rinnovabili nella versione che circola in questi giorni all'interno del Parlamento e su cui si leggono anticipazioni di stampa.

Dopo pochi mesi dalla (lungamente attesa) approvazione, nel mese di agosto dello scorso anno, della legge sul nuovo conto energia, lo scorso 31 gennaio la Commissione europea ha adottato, come noto, una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti.

A dispetto di queste premesse nelle bozze del decreto legislativo rinnovabili leggiamo la previsione di introdurre retroattivamente un limite vincolante di 8.000 MW. Stop ai progetti autorizzati e in corso di autorizzazione. Stop a molti cantieri in corso. Un vero e proprio tetto al fotovoltaico, più di 6 volte inferiore a quello fissato dalla Germania. È questa la prospettiva che annienterebbe il settore fotovoltaico a partire dalla prossima settimana con l'eventuale approvazione in Consiglio dei Ministri. A farne immediatamente le spese saranno circa 150.000 lavoratori impiegati direttamente e indirettamente nel fotovoltaico.

In queste condizioni un'industria nascente è condannata a morte prima ancora di essere diventata pienamente adulta. Se nell’arco di pochi giorni non si riuscirà a introdurre dei correttivi, il fotovoltaico rischia una Caporetto, con ripercussioni molto pesanti sia in termini occupazionali che di credibilità del sistema Paese. Mentre gli Stati Uniti di Obama, pur in presenza di un taglio delle spese pubbliche molto robusto, mantengono saldo il timone verso lo sviluppo delle rinnovabili, l’Italia rischia un nuovo tracollo dopo quello degli anni Ottanta.

Siamo sbigottiti, è incomprensibile. Non è abbastanza promuovere l'ambiente e la salute di noi tutti, generare ricchezza e dare lavoro a oltre 15.000 addetti diretti e fino a 100.000 indiretti, offrire l'opportunità a oltre 160.000 famiglie di diventare indipendenti energeticamente? Quali interessi si vogliono davvero tutelare? Chi sono i poteri forti che stanno eliminando ad una ad una tutte le rinnovabili? Prima l'eolico, oggi il fotovoltaico. Che destino attende un paese che distrugge sistematicamente le proprie opportunità di sviluppo?

Nonostante il parere positivo in sede di Commissioni Parlamentari (per cui lo schema di decreto attuativo della direttiva 2009/28 sull’energia da fonti rinnovabili si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di CO2) il dibattito in corso, specie per le notizie di stampa spesso espressione di interessi non necessariamente palesi e esplicati in sede politica e sociale, sembra preludere ad un intervento legislativo che andrà, si teme, in senso diametralmente opposto a quello, voluto dalla Commissione, di incoraggiamento delle politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili.

La realtà è diversa. A fronte di una crisi che non smette di mordere il tessuto produttivo, è vero che il settore delle rinnovabili si muove in netta controtendenza. Gli incentivi (che, ricordiamo, non gravano sul bilancio dello Stato ma nemmeno su quello delle famiglie, come invece si è letto in questi giorni) hanno creato un volano virtuoso che ha consentito al Paese di riavvicinarsi al gruppo dei paesi leader nel campo dell’innovazione e della capacità produttiva.

Il fotovoltaico, in un contesto così difficile come quello che abbiamo visto delinearsi negli ultimi anni, rappresenta un settore in crescita occupazionale e di fatturato, oltre che un settore tecnologicamente in evoluzione.

Confidiamo nell’equilibrio e nella saggezza del Governo e del Parlamento affinché si voglia intervenire per evitare che un altro tassello della nostra economia cada vittima di contrapposti interessi e di battaglie ideologiche. Confidiamo che saprete dare un futuro alle nostre famiglie e ai nostri figli