Si spara e si muore a Napoli. E le immagini di quel uovo omicidio firmato dalla malavita partenopea fanno il giro del mondo. I media calcano l'accento sull'indifferenza e l'omertà della gente che guarda e passa. Sul silenzio dei testimoni che non ci sono, nonostante la "taglia" promessa ai coraggiosi che vorranno collaborare alle indagini. C'è anche chi cita gli illustri precedenti letterari e cinematografici per dire che il resto dell'Italia è indignata fino a un certo punto di ciò che accade nelle strade di una delle città più popolose della penisola: gli italiani, quelli onesti e laboriosi, la loro dose di solidarietà e indignazione l'hanno già spesa tutta tra le pagine del libro di Saviano, o al cinema a guardare il film di Gomorra. Se i Napoletani non la vogliono smettere con la solita solfa dei morti ammazzati, cosa possono farci gli altri?
Per le strade di Napoli, però, si continua a morire. La Procura partenopea non ce la fa a tener dietro alla criminalità. Mancano i mezzi, gli uomini, le risorse e in parlamento si prepara anche una legge per rendere ancora più difficili le indagini. Ognuno si lega al dito i debiti del passato, ma i cattivi mettono in pratica nuovi delitti più velocemente di come i buoni scoprono i colpevoli. E hanno una memoria storica più lunga. Camorra 2 - Procura 1. E' stato appena arrestato un "latitante storico", condannato all'ergastolo nel 1995. Ma la malavita locale si è fatta "prestare" un delinquente "straniero" per far fuori Bacioterracino, probabilmente coinvolto nell'assassinio di Gennaro Moccia nel 1987.
"Io non ho paura.. non posso aver paura" ha detto la signora Bacioterracino. Ha le lacrime agli occhi, ma tiene i pugni stretti. A Napoli non ci si può permettere neanche il lusso di avere paura, perché tanto non serve a niente. Quello che serve, ed è anzi necessario, è un sussulto di orgoglio di chi in quelle strade sporche di sangue vive ogni giorno la propria esistenza.
Basta morti ammazzati, guerre di potere e perbenismo medioborghese di chi si lava le mani dicendo che quelle cose non lo riguardano. Siamo tutti sulla stessa barca. Una barca finita nell'ansa stagnante di un fiume, ma che con un pò di buona volontà e qualche colpo di remo può tornare di nuovo in gara.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento